domenica 23 marzo 2008

..dove vai se a Perugia non ci stai

"Mi dispiace ma io sono io, e voi non siete un cazzo". Lasciatemela citare la celebre frase de Il Marchese del Grillo, al secolo Alberto Sordi, nei panni di un nobile romano ai tempi di Pio VII, un pò sopra le righe e dalla vita gaudente e oziosa. Un pò troppo Freestyle, ma nello spirito ci siamo. Ebbene, in questi giorni "pasquerecci" non poteva mancare un consiglio doc, quella figurina che mi mancava per dare una svolta a certe scelte che non riesco a fare.
Nel pieno di una conversazione prettamente "pasqualizia", condita da auguri e auspici del caso sul tempo e facezie varie, un conoscente mi fa notare alcune cose sul mio futuro lavorativo, professionale, simil giornalistico. In buona sostanza, il discorso mi è stato esposto in modo molto decorato ed elegante, ma la nuda sostanza era questa: una cronista che conosce benissimo il suo territorio ha molte meno chances di entrare ..dalla porta principale di una che abita e lavora a Perugia. Ergo, a volte "è meglio essere bravi ad Atene, che meno bravi a Roma". Insomma, tanti bei complimenti, ma alla fine se non parli perugino non vai lontano.

D'accordo il Trasimeno non è Perugia, non ci sono i professoroni, i Politici con la P maiuscola - ovvero ci prendono casa ma non la usano per rilasciare interviste -, e soprattutto al verde dei centoni o al ciclamino dei cinquecento gira molto più il verde - erba ( e che erba), il rosa dei gerani e il blu del lago che si alza e s'abbassa. Insomma, tanto ambiente (tenuto male) ma poca lana. E' la "provincia" più tenera, quella che conosci solo se vai a cercare le discariche con gli stivali di gomma e ogni volta ti sdegni sempre un pò, quella che ha le strade simili a groviere, dove i marciapiedi hanno mille scalini e il sindaco prende l'auto dei vigili per andare a casa di mammà durante la pausa pranzo. Quella provincia che non trova mai parole, ma chiede solo di essere amata così com'è.

Per una che viene da un paesello in cui mai ci si è confusa, dove sono passati divi e politici, attori e cantanti, e che di notte sembra una rocca incatanta, mentre ritorni a casa per una strada sterrata che costeggia il lago di Porsenna, Perugia rimane un pò stretta.
La "mia" Perugia era quella che guardavo dal terrazzone del quinto piano di via Pellas, un palazzo vecchio che guardava verso casa e non la trovava mai, frugava tra le creste dei palazzi e le ringhiere dei balconi per capire come si potesse vivere una vita arrampicati sul cemento, con una solitudine che non marciva neanche col frigo spento.

Eppure, ringrazio chi mi ha dato questo consiglio, di "rimanere un punto di riferimento per il mio territorio", che poi mio non lo è stato mai. Il lago era un grosso punto azzurro che vedevo dal pullman di ritorno da quella città in collina che amavo ma che non mi concedeva attenzioni. Castiglione era una città dai negozi scialbi e la mia carta d'indentità parlava toscano, un ottimo alibi per rifiutare quel posto noioso. E invece la voglia di volare è sempre tanta, e i conti in tasca non servono a nessuno. Perugia è una città con le vetrine spente, e finché sarà così i miei occhi guarderanno sempre altrove. Ma ai piedi, avrò sempre un bel paio di scarpe colorate. E con il tacco a spillo.